1992

Olio su tela, cm 200 x 160 (firmato sul retro)

Bagnanti 1992

Bagnanti, 1992

“Dopo i quadri come Figura alla finestra, Paxos, Rombo” – dice Zoppetti dialogando con Franco Loi -,”sentivo l’esigenza di schiarirmi nel colore. Il nero diventava troppo invadente. E questa esigenza ha coinciso con l’emozione che mi hanno dato i quadri delle Bagnanti di Cézanne e delle Women di De Kooning, la cui gestualità mi aiutava a rompere col lavoro precedente.” E evidente, nelle parole stesse del pittore, come la sua ricerca sia proceduta per spinte interne spesso contrapposte ma complementari, quasi che consumato per lenta esplorazione un versante sentisse poi il bisogno di esperire quello opposto: dopo l’immersione nelle ombre lunghe degli interni, dei notturni, delle meditative nature morte con teschio, ecco l’esigenza di riaffacciarsi, anche per spezzare una continuità che poteva diventare soffocante, alla pienezza della vita di cui le Grazie e le Bagnanti sono il segno più evidente. Nasce così la nuova serie di immagini orientata all’inseguimento del canto del colore e della freschezza di vita, in un vitalismo di gamme e di segni che si disfrena sulla superficie del quadro, fino a configurarsi talora come ribollimento magmatico della materia che si stria, lavorata a forti colpi di pennello, di spatola e di pettine. Come per contrapposizione, la tela diventa ora il luogo di un evento quasi vissuto in diretta, senza preordinate prefigurazioni, e consumato nel momento stesso del suo farsi.
Alla fine, però, non è solo l’esplodere della vita: l’opera si assesta, infatti, in una sorta di momentaneo e precario equilibrio tra due forze contrapposte che si contendono il campo: da una parte, la marcata tendenza alla plastica costruzione dei corpi che affermano la loro forte presenza, l’insopprimibile realtà del loro esserci; dall’altra, la presenza di una forza contraria e disgregatrice che agita le forme in un convulso movimento sussultorio, e le scompiglia in un gioco di tacche cromatiche dove si aprono varchi e bui profondi. A questo punto saltano anche i confini, e le figure si fondono con il paesaggio, le forme si sfaldano mescolandosi all’azzuno del cielo e del mare, tutto awolge un’unica vita e un unico destino: “Le immagini della vita individuata si alzano faticosamente, in questi quadri. Nel subbuglio della pittura, faticosamente, qualche energia continua ad abbattersi su qualcosa che le si oppone” (Tadini).

Tratto dal volume “Emilio Tadini, Franco Loi, Bruno Zoppetti: Bruno Zoppetti. Opere 1984-1993. Quaderni Galleria Matasci n.13, Tenero, 1994″.